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Visualizzazione dei post da novembre, 2002
io ti vorrei quieta come il desinare nel mio parchetto io ti vorrei quieta come il desinare nel mio parchetto. tutto intorno i miei alberi sono in primavera, i grandi alberi: il panchetto, l'ostreone, il falardo pungente, gli manca il tuo solitario guardiano, che qui non sfigurerebbe. il vento mi muove i suoni, m'insinua i sottili profumi. io mi giaccio col giornale aperto e l'amica pipa, m'infumo. mi sono ospiti i conosciuti vecchietti, siamo in comunità d'istinti, ci conosciamo senza cenni e parole a distanza, son coppie antiche e silenti, sono il nostro traguardo comune. anche gli uccelli non vedo eppure: li senti. si danza. m'infumo. e mi chiedo se non sia questo che vado cercando, e non nel mio tempo che credo d'aver perso se non mi affanno nelle passioni, nelle ore mai cominciate del grande abbuffo, ma nel tempo di tutti o nell'unico tempo, mi sento partècipe di una vita non mia, che mi trascende e mi ignora. sono come attraver
quarto bug (morte per acqua) Tu hai nelle dita il seme terreno del tuo sangue. Lo scopersi nel terrore di una notte di follìa quando te ne stetti pallida, gli occhi anneriti, gridando l'odio al mio tenero esorcismo. Ti adagiai tra i morbidi panni e passai l'acqua al tuo profilo. E vidi nelle tue dita il sangue, e lo sentii sbattere dal cuore affannato e stanco. Ma solo il seme amaro e non dà frutto. Ho in serbo per te, fertile, un rivolo d'acqua verde . (da Quattro bug nei miei sogni ) Alessio Saltarin, notte tra il 29 e il 30 ottobre duemiladue
terzo bug (metafora) Non entro nemmeno nell'inizio di queste cose, non le comprendo, me ne ritiro, come chi sta nell'uscio col cappotto ancora in mano e vorrebbe che non lo s'invitasse ad entrare, vorrebbe solo un sorriso di sfuggita nel chiedere, magari, del sale o un ciuffo di salvia, ma veloce, che debbo rientrare in casa e preparare la cena e mi si scusi del mancato preavviso e mi si lasci subito dopo andare. Lo straniero del pianerottolo, a volte suona due volte e, col cappotto in mano, ci chiede un mazzo di prezzemolo, una cipolla, ossequioso ma veloce, che la sua cena deve preparare. (da Quattro bug nei miei sogni )
secondo bug (appuntamento) Hai alternato la scossa del pianto al sorriso quando, la trascorsa vissuta insieme estate, avesti negli occhi la pudica speranza di un nuovo, puro e definitivo cominciamento. Abbiamo noi fatto del tutto il nostro meglio per ucciderne il sogno, impegnati nell'orgoglio del solito giro di vento silvano. Quando, infine allontanàti abbiamo capito, si contavano ahimé troppi i passi tra noi. Ci siamo dati appuntamento sul colle di Mompiano. (da Quattro bug nei miei sogni )
primo bug (il lume) Senza un'estate di parole mi accosto al mio lume, e ho fatto tutta una raccolta di emozioni come se stessi silente a guardar con me di queste stelle ed io mi fingessi placato di tali ed altre, le mie, le nostre cure. Ho fatto tutta una raccolta di emozioni e le ho scritte su un foglio di carta vecchio immaginando di riderne insieme. Alla prima acqua, scrosci, mi si dilingue l'inchiostro e invano sarà tutto il nostro sforzo di ricordi. (da Quattro bug nei miei sogni )
lucilla E' notte. Il giardino e' tutto un ansimar di lucciole. La Luna, che timida pare da un'ininterrotta coltre di nubi, rischiara il foglio dove scrivo. E' notte. Si sente anche stanotte il grido acerbo dei gufi. Non esiste che un a'ncora di salvezza per il solitario scrittore, e tu non esisti. E' notte. E' notte persino nella biblioteca polverosa dello zio, dove rimarranno chiuse, sparse, queste rime. Rimarranno: per poterci sognare un po' sopra, ad occhi aperti. Le lucciole amano il buio del mio prato perche' in esso risplendono meglio. Anche tu, Lucilla, sei una piccola luce e risplendi nell'immensita' nera del mio abisso.
non un giorno d'estate (dal sonetto 18 di William Shakespeare) La LUCe che e' causa del rinascere di natura e vita, dei nuovi colori che con se' porta l'Estate, ora vacILLA. Ma non posso compararti ad un giorno d'Estate: tu sei piu' amabile e piu' temperata. I venti estivi spazzano le selvagge praterie ed improvvise tempeste sconvolgono le acque e la terra. Troppo caldo e' il sole e spesso il cielo e' offuscato d'afa: il bello declina. Ma la tua Estate eterna non disfiorera', Lucilla, ne' si allenteranno i nodi che stringono la tua dolcezza: nemmeno potra' la Morte vantarsi di averti fra le Ombre finche' la luce della tua bellezza sincera vivra' tra queste righe e queste righe continueranno a dare ad essa la Vita.
epifania della diade Ed io chi sono? Sono forse l'Alfa ed il Limite, colui che ascolta l'Essenza del Silenzio. Io sono la nuova Stagione e la fine dell'Inverno. Ecco, io sono la fine del sogno, l'Omega. (Intuisco nei tuoi lineamenti, quando da lontano ti miro, la Verita' delle parole che 'l Vento mi suggeriva: scorgo la tua sincera bellezza ed il radioso sorriso, ed i tuoi occhi, che ben conoscono il sogno ma non la Vita. E pure mi tengo lontano da tanta, sconosciuta meraviglia poi che ho paura d'infrangerne il confine o scoprirne il segreto. Mi basta indugiare su queste vane parole che domani raggiungeranno i tuoi occhi e, forse, il tuo cuore.)
arrivo di lucilla dopo lungo viaggio (riti di convocazione) ho demolito un muro, di pezzo piccolo, per te, a mo' di pertugio. tu sei. accolta nei meandri, hai dovuto lasciarti cadere, io ho accarezzato le tue paure, le ho riposte nello sgabuzzino bianco, le ho riposte accanto alle mie. ho misceltato i tuoi dubbi, li ho messi - avevo una piccola scatola bianca nello sgabuzzino - li ho messi lì, accanto al mio sgomento. eri tu, eri tu, amore? che vagolavi nella notte perduta, presagivi la stella, non ti han detto della nostra comunione? hai sopportato il devasto ti sei messa in cammino come chi sposa la frontiera nuova per il sogno di una terra da coltivare senza voltarti hai dato il mio nome ai tuoi passi. non disconosci il tuo ignoto (eri tu, eri tu, amore? che mi suggerivi il nome) hai detto i tuoi quattro addii e sei partita. quando mi dissero del tuo arrivo avevo i mattoni sul balcone. passerà, mi dicevo, passerà dal pertugio, di pezzo pi